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Ambasciator non porta pena, o quasi

Le affermazioni di Pioli e la punta dell'iceberg che (nuovamente) sta emergendo nelle mai tranquille acque viola

Giacomo Brunetti

"Stefano Pioli non si era mai esposto. Pacato, equilibrato e diretto, era spesso stato tacciato di un aziendalismo insito nelle dichiarazioni di routine durante i momenti difficili. Quando si è seduto sulla poltrona della sala stampa, dopo il pareggio contro la Lazio che ha catapultato la Fiorentina a sette punti di distanza dalla zona europea, ha sentito lo schienale scricchiolare per la prima volta. Tanto che, proprio dal trono sul quale Montella e Sousa hanno espresso sentenze più o meno virali, ha iniziato a togliersi alcuni sassolini. Lasciandosi dietro un alone di mistero, facendo trasparire una verità che assumerà forme e motivazioni a tempo debito.

"Quello che sembrava un mondo perfetto - professato dal tecnico con telefonate di Diego Della Valle e un'armonia aurea con i dirigenti, composta da unione d'intenti e spirito di squadra - si è scoperto debole, nudo. E Pioli, questo docile ecosistema, lo ha squarciato di netto, neanche troppo ponderatamente. Il suo non sarà stato istinto dovuto al risultato, però le tempistiche insospettiscono. Certezze minate e clausole destituite: decide lui, e lo ha già fatto. Il piccolo paradiso che costituiva la Fiorentina è diventato un purgatorio nel cui limbo, al momento, vivono la maggior parte degli elementi. Da Carlos Freitas, pizzicato in Francia in occasione di PSG-Manchester United, a Stefano Pioli, uscito allo scoperto.

"Se in campo Federico Chiesa esce, con la maglia sul volto, dispiaciuto di dover abbandonare la squadra in mezzo alla battaglia, fuori dal terreno di gioco il tecnico viola è la punta dell'iceberg di un dissesto tecnico che, Coppa Italia permettendo, sta relegando la Fiorentina fuori dalle coppe internazionali per la terza annata consecutiva. Il proclama «vogliamo migliorare la stagione dello scorso anno», ripetuto anche ieri sera dallo stesso Pioli, assomiglia alla cartina tornasole del mancato raggiungimento degli obiettivi. Senza una presa di coscienza pubblica. Tutti hanno una percentuale di colpe: il tecnico è stato criticato e continuerà a esserlo, perché il gioco non ha mai toccato il cuore dei tifosi e la classifica è la dittatrice dei giudizi; affianco, però, troviamo una campagna acquisti sopravvalutata dall'interno, una situazione societaria in stallo, un autofinanziamento che estirpa i sogni e la programmazione, dei paletti autoimposti che limitano le mosse ed evidenziano alcune uscite imprecise. E Pioli che, come detto, è stato spesso tacciato di essere un 'normal one', ha iniziato a smarcarsi, prendendo le distanze. Un ambasciator che, quasi del tutto, non porta pena.

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