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Dalle stelle alle stalle in quaranta giorni: la strana parabola di Carlos Salcedo

Ad agosto era un giovane di belle speranze, una riserva da inserire gradualmente nell'alchimia del gruppo. Adesso, dopo un inaspettato autunno di fuoco, Salcedo rappresenta un enorme punto interrogativo

Simone Torricini

Se dovessimo immaginare Carlos Salcedo alle prese con la compilazione del bilancio alla sua prima metà di stagione fiorentina, probabilmente ci troveremmo di fronte una serie di annotazioni positive fiancheggiata da una lista di cose che, viceversa, non sono andate per il verso giusto. Non sarebbe certo un bilancio pessimo, ma neppure esaltante. Anzi, la sensazione è che a somme tirate il difensore messicano si morderebbe le labbra per almeno un paio di minuti. Lui che ha dimostrato di essere un tipo grintoso, di avere personalità, salvo cedere spesso alla tentazione delle disattenzioni e commettere errori grossolani, "di gioventù". Errori che sono costati alla Fiorentina più qualche prezioso punto in classifica.

Nel corso dell'intervista alla Rai di questo pomeriggio Corvino è stato molto chiaro sul caso Salcedo. Lo ha di fatto etichettato come un rincalzo, motivando così il suo recente scarso impiego. Eppure ad inizio anno ne aveva trovato di spazio, e in abbondanza: basti pensare che tra il 25 settembre e il 26 ottobre non saltò neppure un minuto delle cinque gare di campionato previste, e allargando il campo all'Europa League, rimase in panchina soltanto in occasione della gara di Liberec. Sin dall'esordio (al Franchi contro il Milan) Salcedo diede l'impressione di poter garantire a Sousa quella solidità che da più o meno sempre aveva rappresentato il tallone d'Achille dell'altro interprete del ruolo, nientemeno che Tomovic.

Un mese di tutto rispetto il suo, macchiato tuttavia da un paio di errori: prima l'avventata scivolata di Torino su Iago Falque, che aprì una prateria all'ala granata e all'1-0 del Toro; poi la dormita - in collaborazione con Gonzalo - in occasione della rete del vantaggio del Crotone a Firenze, a firma di Falcinelli. In ogni caso, nonostante i primi sintomi del suo difetto iniziassero a palesarsi, Sousa non gli tolse la fiducia. Anzi. Fino al 15 dicembre il messicano ha sempre visto il campo, ad eccezione della gara contro la Samp e del ritorno con lo Slovan Liberec. Convincendo meno (al pari di tutta la difesa, che nel frattempo iniziava a perdere il suo primato in Serie A), e senza dare a vedere quella grinta e quella convizione che lo avevano consolidato nell'undici tipo di Sousa anche in presenza del duo Gonzalo-Astori.

Arriviamo dunque al fatidico 22 dicembre. Manca poco a Natale, ma a Salcedo le cose vanno nel peggiore dei modi. A Firenze fa capolino il Napoli di Sarri, e se da una parte la squadra ben figura e si lascia recuperare soltanto in extremis, dall'altra il messicano firma la sua momentanea condanna abbattendo Mertens nel finale in piena area di rigore, e favorendo di conseguenza il definitivo 3-3. Un'ingenuità che sta ancora pagando, visto e considerato che nonostante l'emergenza difensori Sousa preferisce di gran lunga affidarsi all'altro Carlos (Sanchez) come centrodestra della sua linea difensiva. Il risultato? Salcedo non vede il campo proprio da quel 22 dicembre (eccezion fatta per il misero minuto concessogli a Pescara), e la parabola del suo rendimento sta scendendo in picchiata con la stessa velocità con cui appena una manciata di mesi fa stava compiendo il percorso inverso.