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Roberto Mirri: da compagno di Rui Costa e Batistuta al San Giorgio in Alto Adige

Condivideva lo spogliatoio con Rui Costa e Batistuta, in Nazionale giocava con Pirlo e Gattuso: oggi allena i giovani del San Giorgio

Redazione VN

"Questa è una storia che finisce come è cominciata. È la storia di una partenza e di un ritorno in Alto Adige. Ed ha un epilogo insolito, soprattutto se parliamo di calcio, e di uomini di calcio. Roberto Mirri alla soglia dei vent’anni giocava nella Fiorentina di Rui Costa e Batistuta e in nazionale Under 21 divideva lo spogliatoio con Pirlo e Gattuso, ma era discreto e riservato ed aveva la sensibilità ben nascosta di chi non può permettersi di mostrarla troppo al mondo, soprattutto in quel mondo. Il suo modo di essere, insomma, non rispondeva all'idea stereotipata che si ha del giovane calciatore di belle speranze. Da Firenze a San Giorgio, passando per Empoli, Mons, Bolzano, Venezia e Matera. Un viaggio che dura 20 anni. Ma la vita di Roberto Mirri cambia davvero quando, dopo sei anni trascorsi a giocare all'estero nella massima divisione del campionato belga, con la fascia di capitano al braccio, si ritrova a fare i conti col ritorno in patria.

""Nessuno si ricorda più di te, e a nessuno interessa cosa hai fatto in quel lungo periodo lontano dai confini Italiani". Ogni storia ha il suo momento, e in questa storia di momenti ce ne sono due. Il primo, nel 2009: è l'attimo che cambia la vita, perché arrivi ad un bivio e devi decidere in un instante quale strada percorrere: l'allettante proposta di un club di Premiership scozzese, l’equivalente della nostra serie A e quella dell'FC Alto Adige.

""Devi buttarti e scegliere. E io ho scelto Bolzano, nonostante il divario di categoria e di condizioni economiche. In Alto Adige ho cominciato un nuovo percorso professionale e di vita privata. Dopo tanti anni trascorsi in Belgio, per me c'è stata una nuova partenza, un nuovo inizio. Nonostante i due anni in maglia biancorossa non siano stati idilliaci, professionalmente parlando, quando è arrivato il momento di salutare questa terra è stato difficile, direi quasi doloroso. E avevo promesso a me stesso che se ne avessi avuto l'opportunità, avrei voluto trascorrere qua la mia vita assieme alla mia famiglia".

"Ma si sa, queste cose viaggiano sull’onda delle emozioni del momento e il tempo le cancella presto dalla memoria. Dopo Bolzano .

"“Un anno Bellissimo a Venezia, dove mi sono tolto tante soddisfazioni a livello personale e professionale. Ma come spesso accade nel calcio, complice la spietata legge del mercato e degli incroci tra Direttori Sportivi, ti ritrovi alla porta con un “arrivederci e grazie”, e senza un contratto”. Poi, la chiamata del Matera. Solo 4 mesi trascorsi in Basilicata.

"“Un’esperienza umana che non avevo mai vissuto in tutti gli anni della mia carriera, talmente provante e snervante che avevo veramente deciso di dire basta col calcio e di tornarmene a casa mia e voltare pagina per sempre, tanto che avevo già fissato la mia residenza ad Imola, convinto di restarci”. Ed ecco che nella fase forse peggiore e di maggior scoramento, arriva il secondo momento, quell’attimo in cui un sì o un no possono cambiarti il destino. Lo scenario, di nuovo l’Alto Adige e il protagonista di questo capitolo è Patrizio Morini, che il 30 gennaio 2013 prende in mano il telefono e si presenta a Roberto dicendogli che il San Giorgio lo vuole per il campionato di serie D in corso.

"“C’era da un lato la titubanza di chi come me si era già messo il cuore in pace. Avevo quasi chiuso una porta che non sapevo se riaprire. Dall’altro lato mi è sembrato un segno del destino che mi si presentasse l’occasione di tornare in Alto Adige, anche se allora non avrei immaginato che quel progetto di vita solo sognato anni prima, si sarebbe potuto concretizzare nella realtà. Il giorno dopo ero già a Bolzano per parlare con Brugger, e dal 1 febbraio ho iniziato ad allenarmi con la maglia del San Giorgio. Da allora sono passati 4 anni, anni in cui il pallone ha sempre scandito i miei tempi”.

"Ed è ancora il calcio protagonista della vita di Roberto, nonostante la decisione di appendere le scarpe al chiodo. “Sono al campo 7 giorni su 7, con le mie squadre di ragazzi (Giovanissimi regionali e Juniores regionale ndr). La domenica pomeriggio, che sarebbe il mio unico momento di pausa, vado a vedere la Prima squadra e continuo a seguire i miei compagni ”.

"Il calcio continua ad essere la costante di una vita spesa sui campi, e il piccolo centro della Pusteria il palcoscenico sul quale questa

"storia continua ad andare in scena. E se qualcuno si chiede come sia possibile che un uomo che ha visto e vissuto cose che tanti ragazzini sognano, possa sentirsi a suo agio in una terra che approccia a questo sport in una maniera così particolare, la risposta si trova all’inizio della storia.

"(fonte: Alto Adige)

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