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La Stampa: soldi riciclati per vendere il Milan. Ma la procura smentisce: “Non ci sono procedimenti penali”

Cessione del Milan a prezzo gonfiato e flussi da Honk Kong

Redazione VN

AGGIORNAMENTO 12.15: "Bufera Milan, inchiesta sulla vendita" titola questa mattina la Stampa di Torino, dando notizia di un'inchiesta che ipotizza una cessione della società a prezzo gonfiato e il successivo rientro di una "cifra sostanziosa". Ipotizzato il reato di riciclaggio. "Nuova tegola giudiziaria sulla campagna di Berlusconi", aggiunge il quotidiano. La stessa notizia compare sul Secolo XIX. La società rossonera - scrive l'Ansa - è passata ad aprile 2017 dalle mani del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi all'imprenditore cinese Yonghong Li. "Allo stato non esistono procedimenti penali sulla compravendita dell' A.C. Milan": lo ha dichiarato il procuratore capo della Repubblica di Milano, Francesco Greco.

Il sospetto di una vendita gonfiata: una cifra fuori mercato pagata attraverso canali internazionali. È questa l’ipotesi di lavoro - scrive La Stampa - da cui sono partite una serie di verifiche per accertare la reale provenienza del denaro con cui la società rossonera, per 31 anni nelle mani di Silvio Berlusconi, è passata nell’aprile scorso per 740 milioni all’imprenditore cinese Yonghong Li.

In realtà un modo, secondo le ipotesi investigative, per schermare il rientro in Italia di una sostanziosa cifra.

Dopo mesi di dubbi, inchieste giornalistiche, ombre sulla vendita della squadra milanista, è la procura di Milano a cercare di capire esattamente la regolarità dell’intera operazione. In gran segreto, nei giorni scorsi, i pm hanno avviato un’inchiesta che tra le varie ipotesi comporta anche verifiche sul reato di riciclaggio, certamente un problema per Silvio Berlusconi in questo periodo di campagna elettorale. Il faro acceso dalla procura vede in prima linea il procuratore aggiunto Fabio de Pasquale.

Un iter discusso, come si diceva: un passaggio di consegne del Milan, dopo anni di successi sotto la presidenza berlusconiana, travagliato e infinito. Per sgombrare il campo da equivoci e voci che si rincorrevano, l’estate scorsa era stato l’avvocato storico dell’ex Cavaliere, Niccolò Ghedini, a consegnare in procura i documenti per attestare la regolare provenienza del denaro cinese («lecita provenienza di fondi», l’esatta dizione del documento ufficiale passato al vaglio di esperti di finanza). Alla base dell’apertura dell’inchiesta avvenuta poche settimane fa, ci sarebbero nuovi documenti che dimostrerebbero esattamente il contrario.